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In questo capitolo vengono descritti gli aspetti nella gestione dei terminali a carattere che riguardano un utilizzo un po' più evoluto rispetto al normale. La tabella 50.1 elenca i programmi e i file a cui si accenna in questo capitolo.
Tabella 50.1. Riepilogo dei programmi e dei file per la gestione evoluta dei terminali a caratteri.
Le console virtuali, che normalmente utilizzano schermi VGA, possono essere configurate in modo da utilizzare un insieme di caratteri differente da quello standard (il famigerato CP437) e anche per permettere la visualizzazione di più righe e più colonne.
Nei sistemi GNU/Linux veniva usato il programma setfont, (1) ora sostituito con consolechars, (2) per l'impostazione dei caratteri da mostrare sullo schermo di una console:
setfont [opzioni] file_di_configurazione
consolechars [opzioni]
È molto importante l'uso di setfont o di consolechars quando si decide di utilizzare un insieme di caratteri esteso, come ISO 8859-1, per poter visualizzare caratteri come le lettere accentate maiuscole, che non fanno parte della codifica standard di un'interfaccia video a caratteri tipica.
Per ottenere il risultato, questi programmi si avvalgono di file di definizione dei caratteri, collocati nella directory /usr/share/consolefonts/
.
L'esempio seguente, visto sia per setfont, sia per consolechars, serve a ottenere la visualizzazione di caratteri dell'insieme ISO 8859-1 (Unicode), in uno schermo composto da 25 righe.
#
setfont /usr/share/consolefonts/lat1u-16.psf
#
consolechars -f /usr/share/consolefonts/lat1u-16.psf
Eventualmente, se la dimensione dei caratteri non è quella desiderata, si possono provare altri file della famiglia lat1u-*.psf
.
Per approfondire la sintassi di questi programmi, si veda setfont(8) oppure consolechars(8).
Per i sistemi GNU/Linux esiste anche un altro programma che, oltre a definire l'insieme di caratteri, consente di sfruttare le caratteristiche della grafica VGA per ridimensionare lo schermo, allo scopo di consentire la visualizzazione di più righe e colonne:
SVGATextMode [opzioni] [Voce_di_configurazione]
SVGATextMode, (3) per funzionare, non richiede il riavvio del sistema, interviene su tutte le console virtuali, però può entrare in conflitto con altri programmi che accedono direttamente alla gestione dell'adattatore grafico VGA. Sotto questo aspetto, sarebbe bene limitare l'uso di questo programma ai sistemi su cui non si fanno girare programmi che richiedono la grafica o che emulano altri sistemi operativi.
È necessaria la configurazione con il file /etc/TextConfig
, piuttosto complesso. Generalmente, questo viene fornito già pronto per essere utilizzato con un adattatore grafico VGA standard, con un insieme di caratteri ISO 8859-1 normale.
Questa configurazione potrebbe andare bene, se non fosse che la codifica scelta non permette la visualizzazione dei caratteri pseudo-grafici utilizzati per le cornici nei programmi a tutto schermo come Midnight Commander (mc). Sarebbe il caso di modificare il file di configurazione in modo che contenga le righe seguenti, in pratica ritoccando quelle corrispondenti della configurazione originale.
Option "LoadFont" FontProg "/usr/bin/consolechars -f" FontPath "/usr/share/consolefonts" FontSelect "lat1u-16.psf" 8x16 9x16 8x15 9x15 FontSelect "lat1u-14.psf" 8x14 9x14 8x13 9x13 FontSelect "lat1u-12.psf" 8x12 9x12 8x11 9x11 FontSelect "lat1u-10.psf" 8x10 9x10 8x9 9x9 FontSelect "lat1u-08.psf" 8x8 9x8 8x7 9x7 |
Più avanti, nello stesso file di configurazione sono elencate le varie risoluzioni video a cui si può fare riferimento quando si vuole utilizzare SVGATextMode.
"80x25x8" 25.2 640 680 776 800 400 412 414 449 font 8x16 "80x25x9" 28.3 640 680 776 800 400 412 414 449 font 9x16 "80x28x8" 25.2 640 680 776 800 392 412 414 449 font 8x14 "80x28x9" 28.3 640 680 776 800 392 412 414 449 font 9x14 "80x29x8" 25.2 640 680 776 800 464 490 492 525 font 8x16 "80x29x9" 28.3 640 680 776 800 464 490 492 525 font 9x16 "80x30x8" 25.2 640 680 776 800 480 490 492 525 font 8x16 "80x30x9" 28.3 640 680 776 800 480 490 492 525 font 9x16 |
In base a quanto mostrato, si può tentare di visualizzare una schermata di 80 caratteri per 30 righe, con il comando seguente:
#
SVGATextMode 80x30x8
In generale, non è conveniente modificare la definizione delle risoluzioni disponibili; tuttavia, per approfondire il significato delle righe che compongono l'esempio di configurazione mostrato poco sopra, occorre conoscere in che modo si configura XFree86, in particolare la sezione Monitor, come descritto nel capitolo 96.
Per approfondire l'uso di questo programma, si vedano le pagine di manuale SVGATextMode(8) e TextConfig(5).
Il mouse, in un terminale a caratteri, non è una cosa tanto comune. È normale in un ambiente grafico, ma nel caso di GNU/Linux c'è la possibilità di usarlo anche nelle console virtuali. Per gestire un mouse in questa situazione è necessario un demone che si occupi di seguirlo e di fornire ai programmi le informazioni sulle azioni del mouse stesso. Si tratta in pratica di un servente per la gestione del mouse. Trattandosi di un servente, i programmi con cui si può interagire con il mouse sono dei clienti e dipendono dal servente per il tipo di comunicazione che tra loro deve instaurarsi.
Il servente utilizzato normalmente per GNU/Linux è il demone gpm, il quale ha in particolare il vantaggio di poter essere utilizzato anche con i programmi che non sono fatti per il mouse, per le operazioni di copia-incolla del testo.
In alcune situazioni, la gestione del mouse può diventare conflittuale, per esempio quando si utilizza un cosiddetto mouse bus (bus-mouse). In questa situazione non è possibile avere più programmi che leggono contemporaneamente il dispositivo corrispondente al mouse; in pratica non ci può essere in funzione il demone gpm assieme al sistema grafico X e nemmeno possano essere messi in funzione più sistemi grafici contemporaneamente. Il demone gpm è in grado di risolvere il problema occupandosi da solo del mouse e passando a tutte le altre applicazioni eventuali le informazioni sulle azioni compiute con il mouse stesso.
Per convenzione, il file /dev/mouse
dovrebbe corrispondere al dispositivo del mouse. In pratica, si crea un collegamento simbolico con questo nome che punta al dispositivo corrispondente al mouse utilizzato effettivamente. Di solito è lo stesso programma di installazione delle distribuzioni GNU/Linux a farlo.
Nel caso particolare dei mouse seriali, cioè di quelli connessi a una porta seriale, venivano usati in passato i dispositivi /dev/cua*
. Attualmente, questi sono diventati obsoleti e al loro posto si fa riferimento ai corrispondenti /dev/ttyS*
.
Quando la lettura di questo dispositivo può essere solo esclusiva, a causa della sua natura, per evitare conflitti tra i programmi nel modo descritto in precedenza, si può creare il file FIFO /dev/gpmdata
. Questo viene gestito dal demone gpm allo scopo di fornire a tutti gli altri programmi che accedono direttamente al mouse le informazioni sulle azioni compiute con lo stesso.
#
mknod /dev/gpmdata p
Il comando appena mostrato è ciò che serve per creare questo file nel caso non sia già disponibile. Per fare in modo che gpm gestisca questo file e di conseguenza si occupi del mouse in qualunque situazione, deve essere utilizzata l'opzione -R. Inoltre, se si utilizza il sistema grafico XFree86 è necessario modificare manualmente la sua configurazione (il file /etc/X11/XF86Config
) nella sezione Pointer, come si vede nell'esempio seguente:
# Pointer section Section "Pointer" Protocol "MouseSystems" Device "/dev/gpmdata"
In pratica, per il sistema grafico X e per qualunque altro programma che dovesse accedere al dispositivo del mouse direttamente, si deve fare riferimento al tipo di mouse MouseSystems, utilizzando il file di dispositivo /dev/gpmdata
.
Tabella 50.2. Alcuni file riferiti a dispositivi di puntamento secondo il kernel Linux. L'elenco completo può essere consultato nel file <file:///usr/src/linux/Documentation/devices.txt> tra i sorgenti del kernel.
mdetect [opzioni]
mdetect (4) è un programma molto semplice in grado di individuare un mouse che non è già utilizzato in qualche modo. Il risultato della scansione può essere usato per configurare gpm, o anche XFree86. Generalmente, quando si avvia mdetect è bene muovere il mouse in modo da facilitarne l'individuazione.
Tabella 50.3. Alcune opzioni significative di mdetect.
#
mdetect
Scandisce le porte che potrebbero ospitare un mouse e genera un risultato che dovrebbe essere adatto alla configurazione di gpm, per esempio come quello seguente:
/dev/psaux ps2
Come si vede, si tratta di un PS/2, corrispondente al file di dispositivo /dev/psaux
.
#
mdetect -x
Scandisce le porte che potrebbero ospitare un mouse e genera un risultato adatto al file di configurazione di XFree86 versione 4.*. Se si trattasse del mouse descritto nell'esempio precedente, il risultato sarebbe quello seguente:
/dev/psaux PS/2
#
mdetect -x -v
Come nell'esempio seguente, ma alla fine dà un pezzo di codice da inserire direttamente nel file di configurazione di XFree86 versione 4.*:
/dev/psaux says it's a psaux mouse Found the following devices: /dev/psaux /dev/ttyS1 /dev/ttyS0 Section "InputDevice" Identifier "Generic Mouse" Driver "mouse" Option "CorePointer" Option "Protocol" "PS/2" Option "Device" "/dev/psaux" EndSection
Per la precisione, la parte di codice da inserire è precisamente questa:
Section "InputDevice" Identifier "Generic Mouse" Driver "mouse" Option "CorePointer" Option "Protocol" "PS/2" Option "Device" "/dev/psaux" EndSection
gpm [opzioni]
gpm (5) è un programma demone in grado di permettere operazioni di copia-incolla con i programmi normali e di fornire a quelli predisposti l'accesso a tutte le funzionalità del mouse. Può essere messa in funzione una sola copia del programma alla volta, di conseguenza è normale che gpm venga avviato una volta per tutte attraverso la procedura di inizializzazione del sistema.
A meno di fare uso di opzioni particolari, gpm si aspetta di trovare il collegamento /dev/mouse
che punti al file di dispositivo corrispondente al mouse effettivamente a disposizione.
Se gpm viene utilizzato con l'opzione -R, allora si abilita la gestione del file FIFO |
-B sequenza
Con questa opzione è possibile definire la disposizione dei tasti. Per esempio, gpm -B 123 indica di utilizzare i tasti nella posizione normale: il primo è quello a sinistra, il secondo è quello centrale e il terzo è quello a destra. Nello stesso modo si può indicare una disposizione inversa per facilitare un utente che preferisce usare la mano sinistra (gpm -B 321).
-m file
Permette di indicare un file di dispositivo diverso dal solito /dev/mouse
.
-R [tipo]
Abilita la gestione del file FIFO /dev/gpmdata
allo scopo di fornire ad altre applicazioni, che accedono direttamente al mouse, le informazioni sulle sue azioni. Se si indica il tipo, questo specifica il protocollo di comunicazione da utilizzare per tale scopo; altrimenti si fa riferimento in modo predefinito al tipo MouseSystems (msc).
-t tipo
Permette di indicare il tipo di mouse a disposizione. Quando non si specifica questa opzione, il tipo predefinito è ms, corrispondente a un mouse Microsoft con due o tre tasti. In particolare, -t help elenca tutti i tipi disponibili.
Tabella 50.4. Elenco di alcuni nomi dei tipi di mouse utilizzabili con l'opzione -t e con l'opzione -R.
-2
Forza un funzionamento a due tasti. In questo modo il primo tasto serve a evidenziare e l'altro a incollare.
-3
Forza un funzionamento a tre tasti. In questo modo il primo tasto serve a evidenziare, il secondo a incollare e il terzo a estendere la zona evidenziata. Questo è il funzionamento predefinito, perché il secondo tasto viene attivato solo a partire dal momento in cui questo viene premuto. Perciò, normalmente, non occorre preoccuparsi di indicare quanti tasti utilizzare.
-S comandi_speciali
Permette di definire dei comandi da eseguire in corrispondenza di un clic triplo sul primo e sul terzo tasto.
Il funzionamento è relativamente semplice. Quando il mouse è riconosciuto dal programma che si sta utilizzando, dipende da questo il modo di gestire e interpretare le azioni compiute con il mouse. Quando il programma non è in grado di controllare il mouse, è possibile utilizzare il supporto alle operazioni di copia-incolla.
Si seleziona una zona dello schermo premendo il primo tasto e trascinando fino alla posizione finale. Per incollare si può cambiare console virtuale, raggiungendo così l'applicazione all'interno della quale incollare il testo, quindi si preme il secondo tasto, o in mancanza il terzo. Il testo viene inserito come se fosse digitato, di conseguenza occorre che il programma lo permetta.
Il terzo tasto, quando non dovesse servire per incollare, permette di estendere una selezione già iniziata e non completata.
L'opzione -S permette di definire tre comandi, separati con il simbolo due punti (:), da eseguire in occasione di un clic triplo con il primo e il terzo tasto. In pratica, si tiene premuto il primo o il terzo tasto, mentre con l'altro (il terzo o il primo rispettivamente) si esegue un clic triplo in rapida successione. Se entro tre secondi dal rilascio dei tasti viene premuto uno dei tre tasti, viene eseguito uno dei comandi indicati nell'argomento di questa opzione.
Per esempio, se si utilizza l'opzione -S "echo ciao:echo hello:echo bye" e si preme un clic triplo, del tipo descritto, seguito dalla pressione del primo tasto, si ottiene l'esecuzione di echo ciao, cioè viene visualizzata la parola ciao. Se invece alla fine si seleziona il secondo tasto, si ottiene la parola hello. Infine, se si trattava del terzo tasto, si ottiene bye.
Questo sistema potrebbe essere particolarmente utile per definire un comando per il riavvio del sistema, quando per qualche motivo non si può usare la tastiera per farlo e non si rendono disponibili altre alternative.
#
gpm -t ps2
Avvia gpm predisponendolo per utilizzare un mouse PS/2.
#
gpm -R -t ps2
Avvia gpm predisponendolo per utilizzare un mouse PS/2, abilitando la gestione del file /dev/gpmdata
. Il sistema grafico X e altri programmi che dovessero accedere direttamente al dispositivo del mouse, dovrebbero essere istruiti a utilizzare il dispositivo /dev/gpmdata
, corrispondente a un mouse MouseSystems.
#
gpm -S "shutdown -h now:shutdown -r now:init 0"
Avvia gpm definendo i comandi speciali da eseguire in caso di un clic triplo. Se dopo il clic triplo si preme il primo tasto, si conclude l'attività del sistema; se si preme il secondo, si riavvia; se si preme il terzo, si conclude l'attività, ma attraverso una chiamata diretta all'eseguibile init.
Si è accennato al fatto che il demone gpm venga avviato normalmente dalla procedura di inizializzazione del sistema, nel modo già stabilito dalla stessa distribuzione GNU/Linux che si utilizza. Se si vogliono gestire funzionalità speciali di gpm, come per esempio il file FIFO /dev/gpmdata
, cosa che si ottiene con l'opzione -R, occorre intervenire nello script che avvia questo demone.
Alcune distribuzioni, prevedono un file di configurazione contenente l'assegnamento di variabili di ambiente che poi vengono incorporate e utilizzate nello script di avvio del servizio gpm. Tuttavia potrebbe non essere stata prevista la possibilità di aggiungere delle opzioni ulteriori; in tal caso si deve intervenire direttamente nello script.
In particolare, la distribuzione Red Hat gestisce il servizio attraverso lo script /etc/rc.d/init.d/gpm
, mentre la distribuzione Debian usa il file /etc/init.d/gpm
. Inoltre, la distribuzione Debian mette a disposizione lo script gpmconfig per facilitare l'intervento nel file di configurazione, corrispondente a /etc/gpm.conf
.
L'attività svolta durante una sessione di lavoro attraverso un terminale potrebbe essere registrata volontariamente in modo da annotare le operazioni svolte, eventualmente anche a titolo di prova, come potrebbe essere l'esecuzione di un test di esame.
In aggiunta, le console virtuali di GNU/Linux possono essere osservate attraverso dei dispositivi appositi: /dev/vcs*
.
script [-a] file
script (6) è un programma che permette di registrare la sessione di lavoro svolta attraverso un terminale a caratteri. Si avvia il programma e questo avvia una copia della shell predefinita; da quel momento, tutto ciò che viene digitato ed emesso attraverso il terminale viene memorizzato in un file. Il file può essere indicato nella riga di comando, altrimenti viene creato il file typescript
nella directory corrente.
L'opzione -a permette di continuare la registrazione in un file già utilizzato in precedenza, senza cancellarlo inizialmente.
Per terminare l'esecuzione della registrazione della sessione di lavoro, basta concludere l'attività della shell avviata da script; di solito si tratta di utilizzare il comando exit.
I file di dispositivo /dev/vcs*
, definiti Virtual console capture device, possono essere usati per visualizzare lo schermo di una console particolare. Il meccanismo è estremamente banale, in quanto basta leggere il loro contenuto: in ogni momento, il risultato che si ottiene da questa lettura è l'immagine dello schermo di quella console particolare che quel dispositivo rappresenta.
#
cat /dev/vcs1
L'esempio mostra la visualizzazione del contenuto dello schermo della prima console virtuale, corrispondente al dispositivo /dev/tty1
, dell'istante in cui si esegue il comando.
In particolare, il dispositivo /dev/vcs0
fa riferimento alla console virtuale attiva, mentre i file contrassegnati da un numero finale (diverso da zero) corrispondono alle rispettive console virtuali, identificate in modo preciso tramite quel numero.
Le console virtuali di GNU/Linux sono gestite normalmente attraverso la configurazione del file /etc/inittab
, in cui, a seconda del livello di esecuzione, si attivano diversi programmi Getty abbinati ad altrettanti terminali o console virtuali. Generalmente, in questo modo, non vengono utilizzate tutte le console virtuali possibili, pertanto quelle rimanenti potrebbero essere sfruttate per altri scopi.
Le console virtuali disponibili possono essere utilizzate per visualizzare in modo continuo informazioni utili sul funzionamento del sistema, come per esempio quelle provenienti da un file per le registrazioni del sistema (log).
#
tail -f /var/log/messages > /dev/tty10 &
L'esempio mostra l'utilizzo di tail per visualizzare la fine del file /var/log/messages
e tutte le righe che gli vengono aggiunte successivamente. Invece di impegnare il terminale dal quale viene avviato, il comando viene messo sullo sfondo (&) e l'output viene emesso attraverso la decima console virtuale (che si presume sia disponibile).
open [opzioni] [--] comando [opzioni_del_comando]
open (7) permette di avviare un comando in una nuova console virtuale (non utilizzata precedentemente). Per distinguere il comando dalle opzioni di open si utilizza un trattino doppio (--) per segnalare l'inizio del comando stesso.
-c n
Questa opzione permette di definire esplicitamente quale console virtuale utilizzare attraverso l'argomento che indica il numero di questa (le console virtuali sono numerate a partire da uno).
-l
Fa in modo che il comando venga trattato come se fosse una «shell di login», cioè una shell avviata dalla procedura di accesso (dopo che l'autenticazione dell'utente è avvenuta con successo). Questo comporta l'aggiunta di un trattino (-) davanti al nome del comando.
--
Segna la fine delle opzioni di open e l'inizio del comando. È necessario l'uso di questo trattino doppio quando il comando da eseguire ha, a sua volta, degli argomenti.
#
open bash
Avvia l'eseguibile bash nella prima console virtuale libera.
#
open -l bash
Avvia l'eseguibile bash nella prima console virtuale libera, trattando il processo relativo come una shell di login.
#
open -c 10 -l bash
Come nell'esempio precedente, utilizzando espressamente la decima console virtuale.
#
open -- ls -l
Esegue il comando ls -l utilizzando la prima console virtuale libera. In questo caso, dovendo indicare un comando con argomenti, è stato inserito il trattino doppio per segnalare l'inizio del comando stesso.
switchto n
switchto (8) è un programma molto semplice il cui unico scopo è quello di selezionare una particolare console virtuale. Può essere utile in uno script.
#
switchto 11
Passa nell'undicesima console virtuale.
È già stato descritto più volte il funzionamento delle console virtuali di GNU/Linux, che, attraverso una sola console fisica, permettono la gestione di più sessioni di lavoro differenti, a cui si accede generalmente con le combinazioni di tasti [Ctrl+Fn], oppure [Ctrl+Alt+Fn]. Un effetto simile si può ottenere attraverso dei programmi, che possono essere utilizzati anche quando non si dispone di una console GNU/Linux.
Un programma che svolga questo compito non è così comodo da utilizzare come può esserlo una console virtuale, però può offrire delle possibilità in più. Per esempio, potrebbe trasferire il terminale virtuale su un altro terminale fisico, senza dover sospendere, né interrompere, il lavoro che si stava svolgendo. In pratica, l'unico programma che si utilizzi per questo scopo è Screen, (9) che permette di fare una quantità di cose, anche il trasferimento di un terminale virtuale a un altro utente (consentendo a questo di continuare il lavoro).
Lo studio di Screen è impegnativo come lo è l'approfondimento di una shell sofisticata. Qui si vogliono mostrare solo i rudimenti, trascurando volutamente funzionalità che, se utilizzate, richiederebbero attenzione per ciò che riguarda la sicurezza.
Screen è un programma (in pratica si tratta dell'eseguibile screen) che si interpone tra una shell (o un applicativo diverso) e il terminale utilizzato effettivamente. In pratica, si tratta di un gestore di finestre a caratteri che, tra le altre cose, permette di aprire più sessioni contemporanee utilizzando un solo terminale fisico.
Ogni terminale virtuale, ovvero ogni finestra, mette a disposizione le funzionalità di un terminale VT100 con delle estensioni di vario tipo. Per ogni finestra viene conservato uno storico delle ultime righe visualizzate, permettendo lo scorrimento all'indietro e la copia di porzioni di questo all'interno dello standard input della stessa o di un'altra finestra.
Come si può intuire, per accedere alle funzionalità offerte da Screen occorre utilizzare dei comandi composti da combinazioni di tasti che vengono intercettati da questo, senza essere passati all'applicazione sottostante, provocando così un'alterazione del comportamento normale di queste applicazioni.
Spesso, viene attivato il bit SUID al binario screen, assieme all'attribuzione della proprietà all'utente root. Ciò permette a Screen di fare una serie di cose molto comode, ma richiede attenzione nella sua configurazione, perché ciò potrebbe tradursi in un pericolo in più per chi lo utilizza. Se non si vuole approfondire tanto l'uso di Screen, sarebbe meglio togliere tale permesso.
#
chmod ug-s /usr/bin/screen
Se Screen è in condizione di poterlo fare (di solito solo se è attivato il bit SUID per il binario screen e questo appartiene all'utente root), aggiorna il file /etc/utmp
, cosa che consente di tenere traccia anche di tutti i terminali virtuali aperti attraverso di esso. Questi corrispondono ai dispositivi secondo il modello /dev/tty{a|b|c|d|e}{0|1|2|3|4|5|6|7|8|9|a|b|c|d|e|f}
; in pratica si tratta di una lettera da a a e, seguita da una cifra esadecimale (i numeri da zero a nove e le lettere da «a» a «f»).
Per poter funzionare, Screen deve creare una pipe con nome, ovvero un file FIFO, per ogni gruppo di finestre aperto, cioè per ogni terminale fisico a cui è connesso effettivamente. Tale file viene definito socket da Screen e dalla sua documentazione. Questo file può essere creato in varie posizioni, a seconda di come sono stati compilati i sorgenti. Se il binario screen era stato previsto con il bit SUID attivo, questo file FIFO potrebbe essere creato nella directory /tmp/screens/S-utente/
, oppure, più utilmente, potrebbe essere creato nella directory ~/.screen/
. È da ritenere che questa ultima scelta sia la migliore; volendo, si può utilizzare la variabile di ambiente SCREENDIR per indicare il percorso della directory che Screen deve usare per i file FIFO.
Il nome utilizzato per il file FIFO serve a identificare una particolare sessione di lavoro di Screen, assieme a tutte le finestre gestite attraverso questa. Di solito, si tratta di un nome articolato secondo il modello seguente:
pid.terminale.host
Per esempio, 123.tty4.dinkel è il modo con cui si identifica la sessione di Screen che ha il numero PID 123, utilizza il terminale corrispondente al dispositivo /dev/tty4
, sul sistema chiamato dinkel.
Una sessione di Screen, quando è in funzione regolarmente, è attaccata al terminale fisico che si utilizza effettivamente (questo terminale fisico può anche essere una console virtuale di GNU/Linux). La sessione può essere distaccata e successivamente riattaccata altrove, presso un altro terminale fisico. Le applicazioni in funzione nelle varie finestre di una sessione distaccata, continuano a funzionare regolarmente. Di solito, a meno di modificare la configurazione predefinita, un segnale di aggancio (SIGHUP), che generalmente si ottiene disconnettendo la linea attraverso cui è collegato il terminale, provoca solo il distacco della sessione, senza coinvolgere le applicazioni.
Screen può essere controllato attraverso file di configurazione, la cui collocazione può essere varia. Potrebbe trattarsi di /etc/screenrc
per la configurazione globale e di ~/.screenrc
per la personalizzazione di ogni utente. Le direttive di questi file non vengono mostrate qui; eventualmente si può consultare la documentazione originale: screen(1).
Screen imposta automaticamente la variabile TERM al valore screen, in modo da informare opportunamente le applicazioni di adattarsi alle sue caratteristiche.
Quasi tutti i comandi che possono essere impartiti a Screen sono prefissati dalla combinazione [Ctrl+a], alla quale segue poi una sequenza di caratteri o di altre combinazioni di tasti, che ovviamente non vengono passati all'applicazione sottostante. Se però si vuole passare proprio la combinazione [Ctrl+a] all'applicazione, si deve usare la sequenza [Ctrl+a][a].
A volte, Screen ha la necessità di fornire delle indicazioni. Ciò viene fatto sovrascrivendo parte della finestra in uso, di solito nell'ultima riga. Dopo pochi secondi, i messaggi vengono rimossi, ripristinando il testo precedente.
screen [opzioni] [comando [argomenti_del_comando]]
screen è il programma binario di Screen. Come accennato in precedenza, viene predisposto spesso in modo da avere il bit SUID attivo e da essere proprietà dell'utente root. Se non si richiedono funzionalità particolari a questo programma, non è necessaria tale politica.
screen può essere avviato per iniziare una sessione di lavoro attraverso cui gestire delle applicazioni contenute in finestre differenti, oppure per altre funzionalità che verranno descritte in occasione della presentazione delle opzioni. Quando si avvia screen in modo normale, si può aggiungere l'indicazione di un comando (con i suoi argomenti), che si vuole avviare all'interno della prima finestra. Se questo comando non viene specificato, screen avvia una shell (quella indicata nella variabile di ambiente SHELL, oppure /bin/sh
in sua mancanza).
Quando un programma ospitato all'interno di una finestra di screen termina di funzionare, la finestra relativa si chiude. Quando una sessione non ha più finestre, termina di funzionare anche il processo screen relativo.
-c file
Permette di specificare un file di configurazione alternativo a quello predefinito.
-s shell
Permette di indicare una shell alternativa a quella contenuta nella variabile di ambiente SHELL, che viene utilizzata ogni volta che si apre una nuova finestra senza specificare il programma che deve essere avviato al suo interno.
-S sessione
Permette di dare un nome a una sessione. A questo nome viene comunque aggiunto il numero PID anteriormente. Lo scopo è quello di rendere più semplice l'identificazione di una sessione.
-ls | -list
Questa opzione va usata da sola: non avvia alcuna nuova sessione e si limita a elencare quelle già aperte dall'utente che ne sta facendo richiesta. Attraverso questo elenco si possono individuare facilmente quali siano le sessioni distaccate, cioè quelle che possono essere riprese utilizzando l'opzione -r.
-d [pid.]tty[.host]
-D [pid.]tty[.host]
Permette di distaccare una sessione di Screen da un terminale fisico, senza interrompere il funzionamento degli applicativi avviati al suo interno. Si può usare questa opzione assieme a -r, in modo da riattaccare la sessione in un altro terminale.
-r [[pid.]tty[.host]]
-R [[pid.]tty[.host]]
Permette di riattaccare sul terminale in funzione attualmente, una sessione staccata in precedenza. Se non si indica la sessione, viene avviata la prima di quelle che risultano distaccate; se in particolare si utilizza -R, si ottiene comunque l'avvio di una sessione anche se non ce ne sono da riprendere. Questa opzione può essere usata da sola o in abbinamento a -d (o -D). In questo ultimo caso, si indica prima l'opzione -d, poi -r, infine la sessione da staccare e da riattaccare.
-x [[pid.]tty[.host]]
Questa opzione permette di accedere a una sessione già aperta e funzionante presso un altro terminale fisico. Se non viene specificata la sessione, viene aperta la prima che può essere trovata. Quando si condivide una sessione tra più terminali fisici, ogni terminale può accedere solo alle finestre che non sono attive da qualche parte.
$
screen
Avvia una sessione di Screen sul terminale da cui si esegue il comando, aprendo la shell predefinita nella prima finestra.
$
screen mc
Avvia una sessione di Screen sul terminale da cui si esegue il comando, avviando il programma mc, senza argomenti, nella prima finestra.
$
screen -ls
Elenca le sessioni aperte dall'utente.
$
screen -d tty2
Distacca la sessione in funzione sul terminale identificato dal dispositivo /dev/tty2
(in pratica, la seconda console virtuale). Non vengono indicate altre informazioni per il nome della sessione, perché probabilmente l'informazione del terminale è sufficiente e non crea ambiguità.
$
screen -d
Distacca la prima sessione attiva appartenente all'utente stesso.
$
screen -r tty2
Attacca, sul terminale da cui si dà il comando, la sessione che in origine era stata avviata sul terminale /dev/tty2
e successivamente distaccata.
$
screen -r
Attacca la prima sessione libera che trova.
$
screen -d -r tty2
Distacca la sessione in funzione sul terminale identificato dal dispositivo /dev/tty2
, riattaccandola sul terminale da cui si dà il comando.
$
screen -d -r
Distacca la prima sessione attiva che trova e la riattacca sul terminale da cui si dà il comando.
Una volta avviato l'eseguibile screen, si può interagire con questo attraverso una serie di comandi composti da combinazioni di tasti. Nella maggior parte dei casi si tratta di sequenze iniziate dalla combinazione [Ctrl+a].
Per motivi di compatibilità, spesso sono disponibili diversi tipi di sequenze per lo stesso risultato. Nella tabella 50.5 vengono elencate solo alcune di queste sequenze; per un elenco completo occorre leggere la documentazione originale: screen(1).
Tabella 50.5. Alcuni dei comandi che si possono dare a Screen, quando è in funzione.
Le operazioni più complesse sono quelle che riguardano la copia e l'inserimento di testo che proviene da quanto visualizzato attualmente, o nel testo precedente. Infatti, per ogni finestra viene conservato uno storico delle righe visualizzate, che può essere rivisto e dal quale si possono prelevare delle parti, inserendole in una memoria tampone (la documentazione screen(1) parla di paste buffer).
Con il comando [Ctrl+a][Esc] si inizia la modalità di scorrimento e copia, cosa che blocca il funzionamento dell'applicazione che utilizza la finestra attiva. Da quel momento, si possono usare i tasti freccia e pagina per spostare il cursore; eventualmente si possono usare i tasti [h], [j], [k] e [l], come si fa con VI (84.1). Si possono anche fare delle ricerche nello stile di VI, con i comandi [/] e [?].
Quando si raggiunge il pezzo che si vuole copiare nella memoria tampone, lo si deve delimitare. Ciò si ottiene normalmente premendo il tasto [barra spaziatrice] nel punto di inizio, quindi si fa scorrere il cursore nel punto finale e si preme nuovamente la [barra spaziatrice] per concludere. La selezione del testo coincide anche con la conclusione della modalità di scorrimento e copia, cosa che dopo poco fa riprendere il funzionamento del programma.
È possibile anche la selezione di testo in modo rettangolare. Per questo, dopo aver premuto la [barra spaziatrice] per indicare il punto di inizio, si deve aggiungere anche il tasto [c], a indicare un bordo sinistro, oppure [C] a indicare un bordo destro. Successivamente, quando si raggiunge anche il punto finale, si preme nuovamente [C], oppure [c] (a seconda di come si è iniziato) prima della [barra spaziatrice].
Infine, il comando [Ctrl+a][]] inserisce il testo, accumulato precedentemente nella memoria tampone, nello standard input dell'applicazione contenuta nella finestra attiva.
Chris Bagwell, The Linux busmouse HOWTO
<http://www.linux.org/docs/ldp/howto/HOWTO-INDEX/howtos.html>
daniele @ swlibero.org
1) Linux console font and keytable utilities dominio pubblico, salva la licenza particolare di alcuni tipi speciali di carattere
2) Linux console tools GNU GPL
3) SVGATextMode GNU GPL
4) mdetect In parte QPL 1.0 e in parte GNU GPL
Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome utilizzo_pi_ugrave_evoluto_del_terminale_a_caratteri.html
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