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L'installazione di GNU/Linux è difficile quanto lo è installare un nuovo sistema operativo; ovvero, così come dover accettare il fatto che non si possono utilizzare gli strumenti consueti cui si era abituati da tanto tempo. In questo capitolo si fa riferimento all'installazione di GNU/Linux in un elaboratore i386 (o superiore) partendo da strumenti Dos.
Prima di poter installare GNU/Linux occorre procurarsi una distribuzione di questo sistema operativo. Le distribuzioni di GNU/Linux esistenti sono molte; ciò è sicuramente un sintomo positivo dell'importanza che questo sistema sta avendo. Il problema per l'utente sta nello scegliere.
È molto difficile consigliare in modo generalizzato una distribuzione particolare, perché nessuna è migliore delle altre; ognuna interpreta a suo modo le esigenze dell'utenza, ponendo l'accento su certe caratteristiche e trascurandone altre. Di sicuro, chi intende utilizzare GNU/Linux in modo sistematico farebbe bene a provarne alcune prima di decidere quale offre per sé i vantaggi migliori.
In passato, la scelta di una distribuzione rispetto alle altre era motivata dalla difficoltà con cui queste potevano essere ottenute; spesso si cominciava a utilizzare GNU/Linux con un CD-ROM allegato a un libro o a una rivista, dal momento che era un po' difficile lo scarico diretto da Internet. Oggi le riviste specializzate pubblicano con maggiore frequenza le distribuzioni GNU/Linux più comuni; inoltre è anche possibile acquistare tranquillamente con una carta di credito attraverso Internet, presso aziende specializzate nella masterizzazione di CD-ROM, a un prezzo medio di 2 USD (dollari USA) per CD-ROM. Vale la pena di citare le distribuzioni più comuni, indicando alcune delle caratteristiche.
La distribuzione ZipSlack è una riduzione della distribuzione Slackware, descritta più avanti, che può essere installata facilmente all'interno di un file system Dos-FAT. Può essere ottenuta dall'URI <http://www.ibiblio.org/pub/Linux/distributions/slackware/zipslack/>, oltre che dai siti speculari e dalle riproduzioni su CD-ROM della distribuzione Slackware normale. Alcune caratteristiche:
è adatta agli utenti che utilizzando Dos o MS-Windows, non vogliono affrontare un'installazione normale di un sistema GNU/Linux standard, mentre desiderano iniziare a studiare questo sistema operativo;
possono essere installati i pacchetti della distribuzione Slackware.
La distribuzione GNU/Linux Red Hat è ottenibile presso l'URI <http://www.ibiblio.org/pub/Linux/distributions/redhat/current/>, oltre che dai siti speculari e dalle riproduzioni su CD-ROM. Alcune caratteristiche:
è adatta agli utenti con poca conoscenza dei sistemi Unix -- eventualmente può essere scelta una modalità di installazione semiautomatica, in cui l'utente è sollevato dall'onere di scegliere i pacchetti applicativi;
gli archivi dei pacchetti che compongono la distribuzione sono in formato RPM (Red Hat package manager) e la loro gestione è relativamente semplice;
al termine dell'installazione, il sistema ha già una buona configurazione di partenza, completa di piccoli accorgimenti per gli utenti meno esperti;
la versione pubblicata direttamente dalla Red Hat potrebbe contenere alcune applicazioni proprietarie per le quali è consentita una sola installazione, per cui, se si vuole installare GNU/Linux su più elaboratori, occorre fare attenzione a non installare questi programmi.
La distribuzione GNU/Linux SuSE è ottenibile presso l'URI <ftp://ftp.suse.com/pub/suse/>, oltre che dai siti speculari e dalle riproduzioni su CD-ROM.
La distribuzione SuSE è nata come una variante tedesca della distribuzione Slackware, tanto che oggi ci sono ancora alcune affinità con quella distribuzione, anche se utilizza attualmente il sistema RPM per la gestione dei pacchetti software. Alcune caratteristiche:
è adatta agli utenti con poca conoscenza dei sistemi Unix;
il programma di installazione e di configurazione è molto raffinato;
gli archivi dei pacchetti che compongono la distribuzione sono in formato RPM (Red Hat package manager) e la loro gestione è relativamente semplice;
al termine dell'installazione, il sistema ha già una buona configurazione di partenza;
la versione pubblicata direttamente dalla SuSE potrebbe contenere alcune applicazioni proprietarie per le quali è consentita una sola installazione, per cui, se si vuole installare GNU/Linux su più elaboratori, occorre fare attenzione a non installare questi programmi.
La distribuzione GNU/Linux Slackware è ottenibile presso l'URI <http://www.ibiblio.org/pub/Linux/distributions/slackware/>, oltre che dai siti speculari e dalle riproduzioni su CD-ROM. Si tratta della prima distribuzione GNU/Linux relativamente «facile» da installare e in ciò ha il merito di avere contribuito alla sua diffusione nei primi anni di vita di questo sistema operativo. Alcune caratteristiche:
è una distribuzione adatta agli utenti che hanno una buona conoscenza dei sistemi Unix, tuttavia, l'installazione è un po' complicata e tende a scoraggiare l'utente inesperto;
permette l'installazione su un file system UMSDOS, cioè su una partizione già utilizzata per il Dos;
non dispone di un sistema efficace per la gestione degli aggiornamenti: si rischia spesso di lasciare in giro file che non servono più e non esiste un controllo delle dipendenze.
La distribuzione GNU/Linux Debian è ottenibile presso l'URI <http://ftp.it.debian.org/debian/>, oltre che da altri siti speculari e dalle riproduzioni su CD-ROM.
Questa distribuzione è realizzata da un gran numero di volontari e tutto è organizzato per facilitare la coordinazione di queste persone. Un aspetto molto importante della politica della distribuzione è l'attenzione alle licenze e ad altre restrizioni legali dei paesi occidentali, per cui i pacchetti, oltre che contenere sempre le informazioni sulla licenza, ricevono anche una classificazione di massima che consente di capire sommariamente il genere di libertà o di restrizioni che comporta l'installazione di questi. Alcune caratteristiche:
è adatta agli utenti che hanno una buona conoscenza dei sistemi Unix, mentre il principiante può avere difficoltà a installarla;
gli archivi dei pacchetti che compongono la distribuzione sono in formato Debian (.deb
) e il sistema di gestione relativo è molto efficace;
data la complessità del sistema di gestione dei pacchetti Debian, il programma che guida nell'installazione dei pacchetti è altrettanto complicato da utilizzare.
Le distribuzioni commerciali di GNU/Linux, come Red Hat e SuSE, sono vendute direttamente dalle rispettive case produttrici, assieme a documentazione specifica e ad assistenza di vario tipo. Esiste però la possibilità di procurarsi queste e altre distribuzioni GNU/Linux a prezzi più convenienti da aziende specializzate nella masterizzazione, che operando legalmente, prelevano il materiale da Internet e lo distribuiscono senza offrire alcun supporto tecnico. Le aziende seguenti riproducono CD-ROM a un prezzo medio di 2 USD per unità:
Cheapbytes <http://www.cheapbytes.com/>
Linux Systems Labs <http://www.lsl.com/>
Linux Mall <http://www.LinuxMall.com/>
Eventualmente, si può dare un'occhiata anche a <http://www.linux.org/vendors/index.html>.
Come già accennato altrove in questo documento, le distribuzioni GNU/Linux fatte per l'hardware i386 possono funzionare solo con un microprocessore x386 o superiore. Il problema più grande è invece la memoria RAM che dovrebbe essere di almeno 16 Mibyte per poter installare un sistema minimo e senza il sistema grafico X. Mano a mano che GNU/Linux si evolve, i suoi eseguibili si appesantiscono e il sistema richiede sempre più risorse. Questo significa che, allo stato attuale, una configurazione minima ragionevole richiede un 486-66 con almeno 32 Mibyte di memoria RAM.
Teoricamente, è ancora possibile installare GNU/Linux senza X avendo a disposizione solo 8 Mibyte di memoria RAM, ma si tratta di un'operazione difficile. Se le circostanze costringono a tentare un'installazione del genere, conviene accontentarsi di una distribuzione GNU/Linux più vecchia, possibilmente una di quelle che utilizzavano il kernel 1.0.x, o comunque con binari a.out. Queste vecchie distribuzioni si trovano ancora abbinate ai primi libri su GNU/Linux.
Prima di installare qualunque sistema operativo, è sempre necessario raccogliere tutte le informazioni che si riescono ad avere sull'hardware installato. Le tabelle 10.1, 10.2 e 10.3, mostrano l'utilizzo più comune delle risorse da parte dei componenti più diffusi. Questo tipo di inventario, serve anche per determinare quali siano le risorse disponibili nel momento in cui si vuole aggiungere un nuovo componente.
Tabella 10.1. Utilizzo comune degli indirizzi di IRQ negli elaboratori di architettura i386.
Tabella 10.2. Utilizzo comune dei canali DMA negli elaboratori di architettura i386.
Canale DMA | Utilizzo normale | Eventuale |
1 | ||
2 | unità di controllo dischetti (1 e 2) | |
3 | Unità di controllo dischetti (3 e 4) | |
4 | unità di controllo DMA |
Tabella 10.3. Utilizzo comune degli indirizzi di comunicazione da 00016 a 3FF16 negli elaboratori di architettura i386.
Quando si hanno schede a 8 bit (quelle che utilizzano solo la prima parte di un alloggiamento ISA) si possono usare esclusivamente gli indirizzi di IRQ inferiori a 10. |
Il caso delle porte parallele è un po' particolare: il sistema operativo Dos assegna i nomi LPT1:, LPT2: e LPT3: in base a una ricerca tra i possibili indirizzi di I/O. Vengono scanditi gli indirizzi 3BC16, 37816 e 27816. La prima porta a essere individuata diventa LPT1: e così di seguito.
GNU/Linux utilizza dei nomi bene ordinati per i file di dispositivo, ma questi possono confondere chi proviene dall'esperienza Dos. La tabella 10.4 mostra l'elenco di alcuni nomi di dispositivo riferiti a unità di memorizzazione.
Tabella 10.4. Elenco dei nomi di dispositivo utilizzati per le unità di memorizzazione.
Nome | Descrizione | Dos |
/dev/fd0 | prima unità a dischetti | A: |
/dev/fd0u1440 | prima unità a dischetti da 1 440 Kibyte | A: |
/dev/fd1 | seconda unità a dischetti | B: |
/dev/fd1u1440 | seconda unità a dischetti da 1 440 Kibyte | B: |
/dev/hda | primo disco fisso ATA (IDE) | |
/dev/hdb | secondo disco fisso (o CD-ROM) ATA (IDE) | |
/dev/hdc | terzo disco fisso (o CD-ROM) ATA (IDE) | |
/dev/hdd | quarto disco fisso (o CD-ROM) ATA (IDE) | |
/dev/sda | primo disco SCSI | |
/dev/sdb | secondo disco SCSI | |
/dev/sdc | terzo disco SCSI | |
... |
I dischi che non rientrano nella categoria dei «dischetti» (o floppy), sono suddivisi in partizioni, dove per fare riferimento a queste si aggiunge un numero alla fine del nome. Per esempio, /dev/hda1
è la prima partizione del primo disco ATA, /dev/sda2
è la seconda partizione del primo disco SCSI.
La distinzione tra i nomi usati per le partizioni primarie e le partizioni logiche contenute in quelle estese, può creare confusione ulteriore. In generale, conviene non utilizzare partizioni logiche, se non c'è una necessità reale. Volendo prendere come esempio il primo disco fisso ATA, le prime quattro partizioni normali (primarie ed estese) hanno nomi che vanno da /dev/hda1
a /dev/hda4
, mentre le partizioni logiche utilizzano nomi da /dev/hda5
in poi.
Prima di poter installare GNU/Linux occorre che sia pronto l'elaboratore che dovrà accoglierlo. Se è già stato installato il Dos, con o senza MS-Windows, vale forse la pena di conservarlo fino a quando si sarà diventati completamente indipendenti da quell'ambiente.
Quando si installa GNU/Linux si hanno in pratica due possibilità fondamentali per quanto riguarda la destinazione: l'utilizzo di un file system Second-extended (Ext2 o Ext3) in una partizione dedicata, o l'utilizzo di un file system UMSDOS che consente di condividere un file system Dos-FAT preesistente senza alterare i dati in esso contenuti.
La prima delle due soluzioni è la più impegnativa, ma anche la migliore dal punto di vista tecnico: richiede la preparazione di una partizione da dedicare a GNU/Linux. La seconda è invece la soluzione più frettolosa e adatta a chi non vuole impegnarsi troppo con GNU/Linux: viene creata una directory C:\LINUX\
dalla quale si dirama una struttura di directory (e file), che pur rispettando le regole dei nomi 8.3 del Dos, viene poi riconosciuta e gestita correttamente dal sistema GNU/Linux. Questa ultima soluzione, dal momento che non richiede la preparazione di una partizione dedicata a GNU/Linux, potrebbe sembrare l'ideale per tutti. In realtà lo è solo per chi vuole vedere come funziona GNU/Linux e non per chi lo vuole utilizzare veramente.(1)
Se si decide di prendere GNU/Linux sul serio è necessario predisporre una partizione tutta per lui, o anche più partizioni, togliendo spazio a quanto installato in precedenza nel disco fisso. Per essere sicuri di non perdere i dati occorre cominciare dalla preparazione di una copia di sicurezza.
Ci sono vari modi di fare una copia di sicurezza dei dati del proprio disco fisso. Quello che bisogna ricordare è che non basta la copia dei dati, occorre anche la possibilità di avviare il sistema in modo da poter ricaricare quei dati salvati. Serve quindi un dischetto di avvio del sistema con i programmi di servizio necessari. Si presume che ognuno sappia come fare per ripristinare il proprio sistema operativo.
Per ridurre la dimensione di una partizione FAT esistente si possono utilizzare i programmi seguenti, funzionanti in Dos:
Fips, (2) <ftp://ftp.simtel.net/pub/simtelnet/msdos/diskutil/fips15.zip>;
Presizer, (3) <ftp://ftp.simtel.net/pub/simtelnet/msdos/diskutil/presz131.zip>.
Per poter ridurre la dimensione di una partizione è necessario che la quantità di dati in essa contenuta non sia troppo elevata, ma soprattutto, che ci sia dello spazio vuoto proprio nella parte finale della partizione. Di solito si risolve il problema con un programma di deframmentazione che si occupa anche di compattare i dati nella parte superiore (iniziale) della partizione.(4)
Prima di iniziare l'installazione di una distribuzione GNU/Linux qualsiasi, occorre avere un modo di avviare il programma di installazione. Di solito si ha la necessità di riprodurre uno o più dischetti che permettono di avviare un mini sistema GNU/Linux contenente ciò che serve per questo scopo. Questi dischetti sono distribuiti normalmente in forma di file-immagine, che deve essere ricopiato sopra un dischetto già inizializzato.(5)
Generalmente, per avviare un sistema GNU/Linux minimo sono necessari due dischetti: uno contenente essenzialmente il kernel e il secondo contenente i programmi. In teoria, entrambe le cose potrebbero risiedere nello stesso dischetto, ma questo diventa sempre meno probabile, data la dimensione dei programmi che compongono GNU/Linux.
Il primo dischetto, quello contenente il kernel, serve ad avviare il sistema; la sostituzione con il secondo viene richiesta alla fine del suo caricamento in memoria. Il dischetto dei programmi contiene normalmente un'immagine compressa di un file system più grande. In questo contesto, l'«immagine» è un file che contiene il file system.
Allo stato attuale, quasi tutti i dischetti contenenti un sistema minimo di emergenza che si possono trovare, sono immagini compresse di dischi più grandi, cosa che costringe il kernel a caricarli in un disco RAM. Si intuisce che l'utilizzo di dischetti di emergenza richiede la disponibilità di molta memoria RAM.
Se si può disporre solo del Dos, si ottiene la riproduzione di un dischetto, a partire da un file-immagine, con il programma RAWRITE.EXE. Si osservi l'esempio seguente in cui si riproduce un dischetto a partire dal file AVVIO.IMG
.
C:>
RAWRITE AVVIO.IMG A:
Se si ha a disposizione un sistema GNU/Linux da qualche parte, si possono utilizzare due modi diversi. Si osservino gli esempi seguenti in cui si riproduce un dischetto da 1 440 Kibyte a partire dal file avvio.img
.
#
cp avvio.img /dev/fd0
#
dd if=avvio.img of=/dev/fd0 bs=1440k
GNU/Linux può essere installato su una sola partizione, oppure anche più di una. In aggiunta a questo problema, nella maggior parte dei casi ci si deve prendere cura di creare una partizione da dedicare alla memoria virtuale: la partizione di scambio (swap).
La partizione di scambio è una partizione come le altre, che viene identificata e inizializzata in modo diverso. In generale è conveniente utilizzare una dimensione pari ad almeno la stessa quantità di memoria RAM esistente, tenendo conto che una dimensione maggiore della necessità effettiva non comporta inconvenienti, a parte lo spreco di spazio su disco.
Quando si utilizzano dischi ATA (IDE) di grandi dimensioni si può porre il problema della posizione in cui si trova il kernel e gli altri file utilizzati per l'avvio. Questi devono trovarsi fisicamente entro il cilindro 1 024, a causa delle limitazioni del BIOS degli elaboratori i386. Se una partizione termina oltre questo limite, non ci può essere la certezza che questi file si trovino prima di quel punto.
Per evitare dubbi, è possibile creare una partizione apposita, solo per i file utilizzati per l'avvio (di solito si tratta di tutto ciò che è contenuto nella directory /boot/
), residente fisicamente prima del 1 024-esimo cilindro.
Il file system del sistema GNU/Linux, così come accade per gli altri sistemi Unix, può essere scomposto in più parti residenti fisicamente in partizioni diverse, unite assieme attraverso varie operazioni di montaggio. Ci possono essere diverse buone ragioni per fare questo, in particolare le seguenti:
le richieste di accesso al file system sono distribuite su più dischi;
più dischi di piccole dimensioni possono essere uniti insieme senza la necessità di acquistare un disco fisso gigantesco;
le parti del file system che non devono essere alterabili possono risiedere anche su CD-ROM;
in una rete locale si possono condividere dati e programmi usati in comune attraverso un file system di rete.
Segue un elenco delle possibilità tipiche di scomposizione di un file system GNU/Linux. L'argomento è trattato anche nel capitolo 72.
Partizione principale
La partizione principale deve contenere la directory radice (/). Quando non si scompone il file system, si tratta dell'unica partizione.
Partizione di avvio
Se il disco fisso che si utilizza ha un numero di cilindri superiore a 1 024, è assolutamente necessario che il kernel e gli altri file utilizzati nella fase di avvio si trovino prima di tale limite. Per questo, in tali situazioni si crea una partizione apposita nella parte iniziale del disco fisso, in cui si colloca la directory /boot/
, all'interno della quale si mette anche il file del kernel.
Partizione dedicata ai programmi
La maggior parte del software viene collocato al di sotto della directory /usr/
e il suo contenuto viene posto frequentemente in un'altra partizione.
Partizione dedicata agli utenti
Quando un sistema è multiutente, il contenuto della directory /home/
può diventare molto grande e può convenire la sua collocazione in un'altra partizione.
In aggiunta a questi casi fondamentali, si possono valutare anche le possibilità seguenti.
Partizione per i file temporanei
Tutti i sistemi Unix utilizzano la directory /tmp/
come contenitore generico di file a uso temporaneo. In un sistema multiutente, l'attività all'interno di questa directory potrebbe essere piuttosto intensa. In tal caso, può convenire di far risiedere il suo contenuto altrove in modo da alleggerire l'attività del disco che invece contiene la partizione principale.
Partizione per i sorgenti
I sorgenti delle applicazioni risiedono solitamente nella directory /usr/src/
. Se si intende gestire una grande quantità i sorgenti, può convenire di utilizzare una partizione dedicata a questo scopo.
Partizione per i programmi e i file locali
Per convenzione, un file system GNU/Linux dovrebbe riservare la directory /usr/local/
per quei programmi e quei file riservati all'ambito locale. L'estensione di questo ambito dipende dalle circostanze. In generale, la directory /usr/
potrebbe risiedere in una partizione accessibile in sola lettura (come nel caso di un CD-ROM o di un servente di rete NFS). La directory /usr/local/
potrebbe risiedere altrove in modo da permettere l'installazione di programmi speciali a uso di quella macchina particolare o di quella sottorete. Di solito, si estende il concetto e si intende che questa directory sia il luogo più adatto all'installazione di quei programmi che non fanno parte della distribuzione GNU/Linux che si utilizza.
Le distribuzioni GNU/Linux più raffinate utilizzano la tecnica della scomposizione del kernel in moduli, in modo da potere predisporre pochi dischetti di installazione adatti a un gran numero di configurazioni hardware. Generalmente, tali dischetti di installazione sono in grado di gestire facilmente, senza utilizzare i moduli, una configurazione hardware tipica, in cui il disco fisso e il CD-ROM sono connessi all'unità di controllo ATA (IDE).
Quando si utilizzano unità SCSI o lettori CD-ROM su scheda proprietaria, ci possono essere delle difficoltà. Con GNU/Linux si gestiscono queste particolarità realizzando un kernel specifico, o abbinando a questo dei moduli. Spesso, quando si devono utilizzare dei moduli, occorre fornire loro dei parametri in modo che siano in grado di raggiungere il dispositivo fisico a cui si riferiscono. Nel capitolo 31 sono elencati alcuni moduli che richiedono dei parametri.
Le distribuzioni GNU/Linux che utilizzano un sistema di gestione dei pacchetti più o meno raffinato, consentono teoricamente di aggiornare un'installazione precedente. In molti casi questo costituisce un'insidia, perché alle volte l'aggiornamento fallisce e infine si resta con un sistema zoppicante oppure non funzionante del tutto.
Se si intende utilizzare veramente la possibilità di aggiornare un'installazione precedente, è indispensabile fare prima una copia di sicurezza, a meno di avere una fiducia illimitata nei confronti della distribuzione che si utilizza. |
Di solito, l'ultima cosa fondamentale da definire, prima di concludere definitivamente il procedimento di installazione, è il modo in cui si deve avviare il sistema operativo. Normalmente viene proposto di predisporre un dischetto di avvio di emergenza specifico per la propria installazione e anche di configurare LILO (nel caso di architettura i386) in modo da avviare il sistema automaticamente.
La creazione di un dischetto di avvio di emergenza è molto importante e non dovrebbe essere saltata se questa è disponibile, specialmente le prime volte. Oltre a ciò, è bene tenere presente che la configurazione che si ottiene con LILO, attraverso il programma di installazione, potrebbe essere piuttosto limitata, quindi il dischetto di avvio è sempre una buona cosa per cominciare bene.
Quando è il turno di configurare LILO, potrebbe essere presentata solo la scelta di installare il settore di avvio nell'MBR, cioè il primo settore del disco fisso, oppure nel primo settore della partizione principale in cui risiede GNU/Linux. Purtroppo ci sono situazioni in cui queste due possibilità sono troppo poche, per quello che si vuole fare, quindi conviene utilizzare il dischetto di avvio per poter avviare il sistema e quindi configurare successivamente LILO come si vuole.
Nella situazione più semplice, si lascia che LILO modifichi l'MBR, in modo da dare a questo il controllo dell'avvio di GNU/Linux e degli altri sistemi operativi eventuali. Se per qualche motivo ciò non può essere fatto, installandolo nel primo settore della partizione contenente GNU/Linux, occorre poi affidare a un altro programma (detto bootloader) l'avvio di quel settore.
LILO, come altri sistemi di avvio di GNU/Linux, permette di indicare alcuni parametri per il kernel che potrebbero rendersi necessari in presenza di dispositivi particolari che non vengono individuati correttamente, o in altre situazioni simili. Il programma di installazione potrebbe richiedere l'indicazione di questi parametri aggiuntivi, che di solito non vanno specificati.
LILO e il sistema di avvio di GNU/Linux è descritto in modo più dettagliato nel capitolo 16.
L'installazione di una distribuzione GNU/Linux può essere preceduta da una preparazione delle partizioni attraverso dischetti di emergenza dotati di una raccolta minima di programmi essenziali. La maggior parte delle distribuzioni GNU/Linux offre un dischetto di emergenza per questi scopi.
Le distribuzioni più comuni sono in grado di gestire tutto all'interno delle procedure di installazione, ma spesso, in questo modo, si ignora il senso di ciò che si fa. Prima di installare GNU/Linux la prima volta, occorrerebbe apprendere l'uso dei programmi per la creazione e la modifica delle partizioni; inoltre è opportuno conoscere il modo in cui queste possono essere inizializzate.
Se si cerca di avviare un sistema di emergenza, è molto probabile che l'immagine del dischetto contenente il sistema minimo sia un file con un nome simile a resque, mentre il problema può rimanere per la scelta del dischetto di avvio che potrebbe dipendere dalle caratteristiche dell'hardware del proprio elaboratore. Per questo, di solito è sufficiente leggere i file di testo che accompagnano tali immagini (README
, WHICH.ONE
e simili).
Nel caso della distribuzione Slackware, la più comune per questo genere di cose, il dischetto di avvio per l'hardware generico è contenuto nell'immagine bootdsks.144/bare.i
, che contiene un kernel adatto ai dischi ATA (IDE); il dischetto del sistema di emergenza è invece rootdsks/rescue.gz
.
Un sistema composto da dischetti di emergenza si avvia facendo in modo che l'elaboratore esegua il caricamento a partire dal dischetto di avvio, il quale carica il kernel. Appena il kernel prende il controllo, viene richiesto all'utente di sostituirlo con il dischetto contenente il file system principale. Il modo con cui ciò avviene può essere molto diverso. Si va da una richiesta come quella seguente, tipica dei dischetti di una distribuzione Slackware,
VFS: Insert root floppy disk to be loaded into ramdisk and press ENTER
dove basta cambiare dischetto e premere [Invio], a situazioni in cui la richiesta viene fatta in modo molto più appariscente, attraverso maschere a scomparsa e altri accorgimenti, come nel caso della distribuzione SuSE.
Una volta avviato il sistema di emergenza, questo può richiedere o meno di identificarsi attraverso una procedura di accesso tradizionale (il login). Se ciò avviene, si tratta solitamente di utilizzare il nominativo-utente root, al quale è probabile che non sia abbinata alcuna parola d'ordine.
Da questa situazione dovrebbe essere possibile utilizzare i programmi per la definizione delle partizioni e la loro inizializzazione.
I programmi per la definizione delle partizioni sono fondamentalmente due: fdisk e cfdisk. Il primo ha un'impostazione elementare, a riga di comando, mentre il secondo utilizza tutto lo schermo e mostra sempre la situazione che si sta componendo. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, il primo è quello più adatto al principiante, perché non dà nulla per scontato, mentre il secondo presume che alcuni concetti sulle partizioni dei dischi siano chiari.
Qui viene mostrato l'uso del vecchio fdisk, (6) con un esempio completo. Anche se questo programma sta scomparendo dai dischetti di emergenza delle distribuzioni, resta quello più semplice da descrivere; inoltre l'apprendimento del suo utilizzo facilita la comprensione degli altri programmi alternativi.
fdisk [dispositivo]
fdisk riceve come argomento il nome del dispositivo che si riferisce all'intero disco fisso (o disco rimovibile) dal momento che agisce proprio sulle partizioni e non all'interno di queste ultime. Supponendo di lavorare sul primo disco fisso ATA (IDE), all'interno del quale era presente una partizione Dos-FAT ridotta per fare spazio a GNU/Linux, si dovrà avviare fdisk nel modo seguente:
#
fdisk /dev/hda
[Invio]
fdisk risponde mostrando un invito particolare:
Command (m for help)
fdisk accetta comandi composti da una sola lettera e per vederne un breve promemoria basta utilizzare il comando m.
m
[Invio]
Command action a toggle a bootable flag b edit bsd disklabel c toggle the dos compatiblity flag d delete a partition l list known partition types m print this menu n add a new partition p print the partition table q quit without saving changes t change a partition's system id u change display/entry units v verify the partition table w write table to disk and exit x extra functionality (experts only)
La prima cosa da fare è accertarsi della situazione iniziale del proprio disco fisso; a questo proposito il comando p permette di visualizzare l'elenco delle partizioni esistenti:
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 1024 474768 6 DOS 16-bit >=32M
Per ottenere questa situazione, di due partizioni Dos, era stato utilizzato il programma FIPS.EXE: la prima delle due è la partizione Dos che resta, la seconda è vuota e verrà sostituita. Si procede quindi a eliminare la seconda partizione.
d
[Invio]
Partition number (1-4):
2
[Invio]
A questo punto resta una sola partizione.
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M
Volendo inserire una partizione di scambio si utilizza il comando n con il quale se ne crea una nuova.
n
[Invio]
Command action e extended p primary partition (1-4)
In questo caso si seleziona un tipo di partizione primaria.
p
[Invio]
Partition number (1-4):
Trattandosi della seconda partizione, si inserisce il numero due.
2
[Invio]
Viene richiesta quindi l'indicazione del primo cilindro a partire dal quale inizierà la nuova partizione. Vengono già proposti il valore minimo e quello massimo.
First cylinder (83-1024):
83
[Invio]
Quindi viene richiesta l'indicazione dell'ultimo cilindro, o della dimensione minima della partizione. In questo caso si richiede una dimensione minima di 32 Mibyte.
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (83-1024):
+32M
[Invio]
Per visualizzare il risultato basta utilizzare il solito comando p.
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 148 33264 83 Linux native
Come si vede è stata aggiunta una partizione di tipo Linux-nativa di 33 264 blocchi da 1 024 byte. La partizione Linux-nativa è adatta ad accogliere un file system Second-extended (Ext2 o Ext3) e non lo scambio della memoria, quindi occorre cambiare il tipo di identificazione della partizione.
t
[Invio]
Partition number (1-4):
2
[Invio]
Hex code (type L to list codes):
Come suggerito, conviene visualizzare l'elenco dei codici.
L
[Invio]
0 Empty 9 AIX bootable 75 PC/IX b7 BSDI fs 1 DOS 12-bit FAT a OS/2 Boot Manag 80 Old MINIX b8 BSDI swap 2 XENIX root 40 Venix 80286 81 Linux/MINIX c7 Syrinx 3 XENIX usr 51 Novell? 82 Linux swap db CP/M 4 DOS 16-bit <32M 52 Microport 83 Linux native e1 DOS access 5 Extended 63 GNU HURD 93 Amoeba e3 DOS R/O 6 DOS 16-bit >=32 64 Novell Netware 94 Amoeba BBT f2 DOS secondary 7 OS/2 HPFS 65 Novell Netware a5 BSD/386 ff BBT 8 AIX
Il codice di una partizione di scambio è 8216 e così viene indicato.
82
[Invio]
Changed system type of partition 2 to 82 (Linux swap)
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 148 33264 82 Linux swap
Volendo creare una nuova partizione, si procede in modo simile a quanto già visto.
n
[Invio]
Command action e extended p primary partition (1-4)
Anche in questo caso si preferisce un tipo di partizione primaria.
p
[Invio]
Partition number (1-4):
Trattandosi della terza partizione, si inserisce il numero tre.
3
[Invio]
Viene richiesta quindi l'indicazione del primo cilindro a partire dal quale inizierà la nuova partizione. Viene già proposto l'intervallo di valori possibili.
First cylinder (149-1024):
149
[Invio]
Quindi viene richiesta l'indicazione dell'ultimo cilindro, o della dimensione minima della partizione. In questo caso si richiede la dimensione massima indicando il numero dell'ultimo cilindro.
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (149-1024):
1024
[Invio]
Per visualizzare il risultato basta utilizzare il solito comando p.
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 148 33264 82 Linux swap /dev/hda3 149 149 1024 441504 83 Linux native
Per registrare definitivamente le variazioni apportate si utilizza il comando w. Se invece si preferisce rinunciare, basta utilizzare il comando q che si limita a concludere l'esecuzione del programma annullando le operazioni svolte.
w
[Invio]
The partition table has been altered! ... Syncing disks. ...
In una situazione reale è molto probabile che si vogliano utilizzare più partizioni per GNU/Linux. In questo senso potrebbe essere necessario l'utilizzo di partizioni estese, all'interno delle quali collocare varie partizioni logiche. Supponendo di volere gestire la partizione /dev/hda3
come estesa e di volervi collocare al suo interno due partizioni logiche per qualche scopo, si potrebbe agire nel modo che viene illustrato di seguito.
n
[Invio]
Command action e extended p primary partition (1-4)
In questo caso si tratta di una partizione estesa da suddividere e il procedimento è identico a quello per la creazione di una partizione primaria.
e
[Invio]
Partition number (1-4):
3
[Invio]
First cylinder (149-1024):
149
[Invio]
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (149-1024):
1024
[Invio]
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 148 33264 82 Linux swap /dev/hda3 149 149 1024 441504 5 Extended
Quindi, si deve scomporre la partizione estesa. Si suppone di volere creare due partizioni logiche; una di circa 10 Mibyte e l'altra dello spazio rimanente.
n
[Invio]
Command action l logical (5 or over) p primary partition (1-4)
Si deve scegliere la lettera «l», per richiedere la creazione di una partizione logica.
l
[Invio]
A differenza di quanto visto per le partizioni primarie, non viene più chiesto il numero della partizione.
First cylinder (149-1024):
149
[Invio]
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (149-1024):
169
[Invio]
n
[Invio]
Command action l logical (5 or over) p primary partition (1-4)
l
[Invio]
First cylinder (170-1024):
170
[Invio]
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (170-1024):
1024
[Invio]
p
[Invio]
Disk /dev/hda: 16 heads, 63 sectors, 1024 cylinders Units = cylinders of 1008 * 512 bytes Device Boot Begin Start End Blocks Id System /dev/hda1 * 1 1 82 41296+ 6 DOS 16-bit >=32M /dev/hda2 83 83 148 33264 82 Linux swap /dev/hda3 149 149 1024 441504 5 Extended /dev/hda5 149 149 169 10552 83 Linux native /dev/hda6 170 170 1024 430888 83 Linux native
Dopo aver descritto il funzionamento di fdisk in modo abbastanza dettagliato, si può vedere rapidamente anche come funziona cfdisk. (7) La figura 10.1 mostra come si presenta all'avvio, partendo dalla stessa situazione iniziale vista nella presentazione di fdisk. Si osservi il fatto che inizialmente è evidenziato il pulsante grafico <Bootable
> e anche la prima voce nell'elenco delle partizioni.
|
La selezione dei pulsanti grafici può essere fatta spostando il cursore relativo con i tasti freccia e premendo [Invio] quando è evidenziato quello desiderato. In alternativa, si può premere direttamente la lettera iniziale del nome di questi pulsanti. Alcune funzionalità abbinate ai pulsanti grafici, dipendono dalla voce evidenziata nell'elenco delle partizioni; in pratica, prima si posiziona la barra di selezione sulla voce desiderata e quindi si seleziona il pulsante grafico di una funzione che gli si vuole applicare. Questo ragionamento vale anche per la creazione di una partizione nuova, dal momento che si deve spostare la barra di selezione al di sotto dell'ultima voce esistente.
Si procede cancellando la seconda partizione, creando successivamente la partizione di scambio per la memoria virtuale e la partizione per il file system di GNU/Linux:
ci si posiziona sulla voce hda2 e si selezione il pulsante grafico <Delete
> per cancellare la partizione relativa;
si lascia la barra di selezione sullo spazio vuoto e si seleziona il pulsante grafico <Primary
>, che nel frattempo è apparso (come si vede nella figura 10.2);
viene richiesto l'inserimento della dimensione espressa in mebibyte (simbolo: Mibyte) e si indica il valore 32, seguito da [Invio];
si cambia il tipo della partizione, selezionando il pulsante grafico <Type
> e inserendo successivamente il valore 8216 (seguito da [Invio]);
si porta la barra di selezione sullo spazio vuoto sottostante e si seleziona il pulsante grafico <Primary
>, allo scopo di creare un'altra partizione per lo spazio rimanente (basta confermare il valore proposto dal programma).
|
|
Il caso della creazione di una partizione estesa contenente delle partizioni logiche non viene mostrato. Tuttavia, si tenga presente che non è possibile definire esplicitamente una partizione estesa; si deve richiedere direttamente la creazione di partizioni logiche, per le quali viene predisposta automaticamente la partizione estesa necessaria a contenerle, che tra le altre cose non si vede dall'elenco delle partizioni.
In generale, la procedura che si occupa di installare la distribuzione GNU/Linux, una volta definite le partizioni, si occupa anche di inizializzarle e di attivare la memoria virtuale. In alcuni casi potrebbe essere conveniente fare tutto questo a mano. Seguendo l'esempio già visto, in cui è stata creata una partizione corrispondente al dispositivo /dev/hda2
per lo scambio della memoria virtuale e un'altra partizione corrispondente al dispositivo /dev/hda3
per l'installazione completa del sistema, si può procedere come viene mostrato di seguito.
Di solito conviene cominciare con le partizioni di scambio; per la loro inizializzazione si utilizza mkswap. (8) Per garantire che l'operazione avvenga in modo corretto, è utile aggiungere l'indicazione della dimensione in blocchi della partizione; seguendo l'esempio a cui si fa riferimento, si tratta di 33 264 blocchi da 1 024 byte:
#
mkswap -c /dev/hda2 33264
[Invio]
Se necessario (di solito quando si ha a disposizione poca memoria RAM), è possibile attivare subito la memoria virtuale, ovvero l'utilizzo di questa partizione di scambio appena creata, senza attendere che lo faccia la procedura di installazione. Ciò si ottiene attraverso il programma swapon.
#
swapon /dev/hda2
[Invio]
Dopo le partizioni di scambio, si può passare a quelle utilizzate per la realizzazione del file system, cioè quelle utilizzate per installarvi al loro interno il sistema operativo. Le partizioni di tipo Linux-nativa devono essere inizializzate attraverso il programma mke2fs (9) (oppure mkfs.ext3). L'ultimo numero indicato nella riga di comando rappresenta la dimensione in blocchi da 1 024 byte. Come nel caso delle partizioni di scambio, conviene fornire questa indicazione.
#
mke2fs -j -c /dev/hda3 441504
[Invio]
L'inizializzazione di una partizione deve riguardare solo le partizioni primarie o quelle logiche. Non è possibile inizializzare una partizione estesa, con l'intenzione di inizializzare simultaneamente tutte le partizioni logiche. |
Al termine, la partizione conterrà un file system Second-extended, in questo caso precisamente Ext3.
Linux distributions <http://www.linux.org/dist/>
daniele @ swlibero.org
1) Scegliendo un file system UMSDOS ci si affida implicitamente a un file system di tipo Dos-FAT, con tutte le sue limitazioni e le sue debolezze. Tra le altre cose, uno spegnimento accidentale potrebbe anche provocare la perdita di tutti i dati.
3) Presizer software gratuito ma non libero
4) Tutto questo non è necessario se si intende installare GNU/Linux in una partizione FAT esistente, attraverso l'uso di un file system UMSDOS.
5) I dischetti che si intendono utilizzare devono essere privi di difetti. Anche se in fase di inizializzazione non sono stati segnalati errori, può darsi che i dischetti si mostrino difettosi durante il loro utilizzo. Ciò potrebbe manifestarsi attraverso delle segnalazioni di vario genere, oppure il sistema potrebbe bloccarsi durante l'avvio. In tali casi conviene tentare nuovamente utilizzando dischetti differenti.
6) util-linux: fdisk GNU GPL
7) util-linux: cfdisk GNU GPL
8) util-linux: disk-utils GNU GPL
Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome installare_gnu_linux.html
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