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L'esistenza del software libero, soprattutto nei termini intesi dalla Free Software Foundation, mette in discussione la fondatezza dei principi che difendono la «proprietà» del software stesso. Su questa controversia sono state scritte tante cose, ed è difficile avere qualcosa di nuovo da dire. In questo capitolo vengono raccolte alcune citazioni che riguardano in particolare il problema del brevetto sul software e le conseguenze a cui può portare questa politica.
Il testo seguente è un estratto da Cenni di storia del software (e dell'hardware), scritto da Giulio Mazzolini.(1)
L'idea che si debbano dare dei privilegi agli stampatori nasce alla fine del '400 a Venezia. Si danno semplicemente dei privilegi, non esiste ancora una legislazione in merito. Non esiste nessun diritto per gli autori, forse anche perché molti libri sono riproduzioni di testi di autori antichi. L'idea è semplice, stampare un libro costa, quindi lo stampatore deve avere una protezione che lo protegga da un altro stampatore che intenda stampare lo stesso libro. Nel 1709 appare la prima legge sul copyright con la costituzione della Regina Anna in Inghilterra.
I diritti dell'autore non sono ancora ben considerati, interessa maggiormente lo stampatore. Bisogna aspettare il Romanticismo e il prevalere dei diritti della persona per trovare interesse all'autore.
Nel 1791, in piena Rivoluzione Francese, viene scritta una legge fondamentale sul diritto d'autore, che sancisce i diritti dell'autore, legge che per la sua chiarezza è restata in vigore in Francia sino a questo secolo. Vi si riconosce la figura dell'autore e se ne tutelano i diritti. L'autore dell'opera possiede tutti i diritti per il semplice fatto di esserne l'autore.
Può, se vuole, cedere alcuni o tutti i diritti a terzi con un patto esplicito. Se si tratta di un testo, in genere i diritti sono quelli di riprodurre il testo in un libro, eventualmente di farne delle traduzioni e poi delle ristampe. Se l'opera è un quadro, l'autore può cedere il diritto di copia dell'opera, per esempio per farne una copertina, o un manifesto. Un autore può tutelare la sua opera anche se ha ceduto i diritti di riproduzione. Può esigere che l'opera resti integra, che non subisca modificazioni. Hanno quindi ragione i registi che pretendono che i loro film passino senza interruzioni pubblicitarie, o senza essere censurati in alcune scene.
Quindi se comperate un quadro, con il possesso e la proprietà legittima dello stesso, non avete automaticamente il diritto di copiarlo. L'autore poi potrebbe impedirvi di tenerlo in un posto che svilisca o oltraggi l'opera.
Non sempre però l'autore è certo, un'opera può essere fatta da più persone, un'opera collettiva, quindi potrebbe non essere agevole riconoscere l'autore o gli autori o la quota di partecipazione degli stessi all'opera.
I diritti d'autore sono ereditari, per cui gli eredi potranno godere dei vantaggi economici derivanti dai diritti d'autore anche dopo la morte dell'autore.
[...]
In Europa a seguito del dibattito tenutosi dopo la Rivoluzione Francese, venne formata nel 1884 a Berna l'Associazione per il Diritto d'Autore, dove viene data adeguata protezione alla figura dell'autore.
Quando il legislatore dice Autore intende «di opera artistica o assimilata». Negli USA il concetto di copyright tende a venir esteso anche in mancanza di un'opera artistica. Per alcuni, anche una lettera commerciale può venire considerata soggetta a copyright.
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La protezione del software non è oggi data solo dalla legislazione sul copyright. Negli USA è oramai prassi brevettare pezzi il software, algoritmi, trovate varie. È brevettato il cestino dell'Apple, l'algoritmo di compressione usato dal programma zip, l'ex-or del puntatore grafico. L'IBM deposita migliaia di brevetti all'anno e così pure le grandi case.
Oggi nessuno può seriamente pensare di scrivere del software commerciale se non ha capitali molto grandi. Infatti deve mettere degli avvocati a tempo pieno per assistere chi scrive, affinché non incorra in infrazioni di brevetti. Non solo, poiché è impossibile che uno studio di avvocati conosca «tutti» i brevetti di software, c'è la certezza di incappare in qualche azione legale fatta da terzi che ritengono lesi i loro diritti. Cause che costano molto o si chiudono con costosi accordi. Quindi di fatto oggi tutto il «corpus» di protezioni al software deve essere visto soprattutto come strumento di conservazione di posizioni di monopolio o dominanti.
[...]
L'avv. Pamela Samuelson ha così voluto riassumere i sei punti principali della rivoluzione digitale:
è molto facile duplicare, si fa presto, costa poco, le copie sono dei duplicati perfetti dell'originale;
è facilissimo trasmettere i dati e si trasmettono quasi istantaneamente, si trasmettono in tutto il mondo scavalcando barriere nazionali, doganali, censorie;
il dato digitale è malleabile, si può trasformare facilmente, si può deformare quanto si vuole, un originale ne diventa facilmente un altro deformato o rielaborato;
le opere letterarie, le opere sonore, le opere grafiche, una volta messe in forma digitale, subiscono la stessa sorte, sono indistinguibili nel supporto, non sono più differenziate tra libro, quadro e disco, mettendo in crisi i concetti di copyright che sono diversi se si tratta appunto di quadro, disco o libro;
il dato digitale è compatto, è piccolo si trasporta facilmente;
il dato digitale non si visita più linearmente come si fa con un libro, ma in modo non lineare. Tutti coloro che hanno visitato un sito in Internet non hanno letto pagina dopo pagina, ma sono saltati da una pagina ad un altro sito, creandosi percorsi individuali di esplorazione del mondo digitale.
Ciascuna delle caratteristiche precedenti è sufficiente a causare una rottura delle dottrine esistenti sulla proprietà intellettuale. Tutte e sei assieme sicuramente costringeranno i legislatori ad una modifica radicale del concetto di copyright e di proprietà intellettuale.
Nel seguito sono riportate alcune citazioni di articoli e altri documenti sul problema del brevetto sul software.
Bryan Pfaffenberger, The Coming Software Patent Crisis: Will Linux Survive?, Linux Journal, 10 agosto 1999
Non puoi scrivere alcun tipo di software senza violare qualche brevetto altrui; anche «Ciao mondo!» sarebbe in violazione. Eh sì, giacché comprende una procedura di output tramite un display a mappa di bit (sì, questa procedura è brevettata). E se i detentori di questi brevetti decidono di denunciarti, sei fregato. Non ti sarà possibile difenderti: il costo medio di una causa processuale è di $500.000.
Se un numero sufficiente di autori open-source ricevono lettere di questo genere, potremo dire addio a Linux.
I brevetti sono legittimi, ma solo fino a un certo punto. I fondatori della Costituzione hanno inteso bilanciare il diritto conferito da un brevetto contro il bene del pubblico.
Richard M. Stallman, Saving Europe from Software Patents, Linux Today, 16 maggio 1999
Immaginate che ogni qualvolta avete preso una decisione riguardante il software e in particolare quando avete usato un algoritmo letto in una pubblicazione o realizzato una funzionalità richiesta dai vostri utenti, avete corso il rischio di essere denunciati.
Donald E. Knuth, Letter to the Patent Office from Professor Donald Knuth, Programming Freedom, n. 11, febbraio 1995
Quando penso ai programmi che utilizzo quotidianamente per lavorare, mi rendo conto che nessuno di questi esisterebbe se i brevetti sul software fossero stati comuni negli anni 60 e 70.
Gli algoritmi sono fondamentali per il software come lo sono le parole per gli scrittori, perché costituiscono le mattonelle con cui si costruiscono prodotti interessanti. Cosa accadrebbe se gli avvocati potessero brevettare i loro metodi di difesa o se i giudici della Corte Suprema potessero brevettare le loro decisioni precedenti?
Ci sono modi migliori di proteggere la proprietà intellettuale degli sviluppatori software invece di togliere loro il diritto di utilizzare le mattonelle fondamentali per costruire i loro prodotti.
Richard M. Stallman, Patent Reform Is Not Enough, GNU's Bullettin, vol. 1, n. 13, giugno 1992
Insegnare all'Ufficio Brevetti come esaminare meglio una domanda di brevetto per determinarne la «novità» e l'«attività inventiva» può prevenire alcuni errori clamorosi. Non aiuterà però a eliminare il problema più grave: il fatto che si sta brevettando ogni nuova caratteristica riguardante l'uso dei computer. Anche un programma innovativo tipicamente fa uso di dozzine di tecniche e caratteristiche che non sono nuove, ognuna delle quali è potenzialmente già brevettata. La nostra capacità di utilizzare ogni caratteristica dipenderà dalla fortuna, e se saremo sfortunati metà del tempo, pochi programmi sfuggiranno dal violare un grande numero di brevetti. Navigare nel labirinto di brevetti sarà più difficile che scrivere programmi.
Giulio Mazzolini, Software e copyright
Alessandro Rubini, Verso un'etica del software
Protecting competition against the abuse of software patents
Gordon Irlam, Examples of Software Patents
1) Nel testo sono state apportate alcune piccole correzioni con il consenso di Giulio Mazzolini.
2) <http://www.linuxjournal.com/article.php/?sid=5079>
3) <http://features.linuxtoday.com/news_story.php3?ltsn=1999-05-16-003-05-NW-LF>
4) <http://www.pluto.linux.it/meeting/meeting1999/atti/no-patents/brevetti/docs/knuth_letter_en.html>
5) <http://www.gnu.org/philosophy/patent-reform-is-not-enough.html>
Dovrebbe essere possibile fare riferimento a questa pagina anche con il nome propriet_agrave_del_software.html
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